Umanizzazione della terapia intensiva

Umanizzazione della” terapia intensiva…questa sconosciuta!!!

L’assistenza infermieristica ai pazienti critici non puo’ non tener conto dell’umanizzazione della terapia intensiva. L’assistenza in questi reparti richiede un’enorme quantità di conoscenze teoriche e competenze finalizzate al tenere in vita la persona.

Il progresso tecnologico a cui si è assistito in questi ultimi decenni, ha “riempito” le terapie intensive di macchinari e apparecchi in grado di sostituirsi al paziente nelle sue funzioni vitali. La complessità di tali apparecchiature richiede personale altamente qualificato in grado di comprendere a pieno il funzionamento di tali apparecchiature e di capirne l’interazione con il singolo paziente.

Gli infermieri che lavorano nelle terapie intensive si trovano spesso coinvolti in situazioni di crisi e sono in grado di mettere in atto strategie immediate per rispondere a improvvisi peggioramenti delle funzioni vitali del paziente.

L’infermiere di terapia intensiva ha il “controllo totale” della persona. Ogni respiro viene controllato, ogni battito cardiaco analizzato, ogni goccia di urina conteggiata. Nelle terapie intensive la scienza e la tecnologia si spingono al massimo e la persona ricoverata si ritrova in balia di macchinari, farmaci.

Tale situazione rischia pero’ di spersonalizzare l’assistenza nel momento in cui l’infermiere si concentra solamente sulla singola funzione vitale da ripristinare o sull’organo malato che si cerca di curare.

L’assistenza infermieristica nei reparti ad alta complessità non puo’ non tenere conto della persona secondo un modello bio psico sociale in cui l’infermiere prende a carico sia le funzioni biologiche che le funzioni psicologiche e sociali. Questa è la base dell’umanizzazione della terapia intensiva.

Luigina Mortari, docente di epistemologia all’Università di Verona, scrive nel suo libro dal titolo “Filosofia della cura” alla pag 35:

c’è una cura necessaria per continuare a vivere, che risponde ad una necessità ontologica; una cura necessaria all’esistere per dare corpo alla tensione alla trascendenza, che risponde ad una necessità etica legata all’esserci con senso; c’è infine una cura che ripara l’essere quando il corpo o l’anima si ammalano, che risponde ad una necessità terapeutica”

In questi ultimi anni gli approcci alle cure sono cambiati: si è passati da un “to cure”che intende un intervento che ha lo scopo di occuparsi di un corpo malato, e un “to care” che ha lo scopo di prendersi a carico il malato nella sua interezza.

Tale approccio tiene conto del modello bio psico sociale proposto da Engel . Secondo tale modello l’aspetto biologico si integra intersecandosi con gli aspetti psicologico e sociale. Cio’ permette di gli elementi che compongono la persona nella sua interezza e solo riconoscendo tale modello il professionista sanitario e le organizzazioni sanitarie saranno in grado di fare il “salto di qualità” passano appunto dal “to cure al “to care”.

Postintensiva cerca di diffondere anche il nursing narrativo come strumento di umanizzazione della terapia intensiva ed in particolare promuove l’uso del diario paziente di terapia intensiva.


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